UN CAMMINO NEL SEGNO DEL CONCILIO

i continui richiami di papa Francesco
By Gianni Di Santo
Pubblicato il 2 Novembre 2015

Tra il 9 e il 13 novembre prossimi si terrà a Firenze il 5° Convegno ecclesiale nazionale dal titolo In Gesù Cristo il nuovo umanesimo. Al di là deLLE previsioni, non sempre facili con un pontefice come Bergoglio, certo siamo a un punto di svolta per la chiesa italiana. Basta vedere i criteri di nomina che stanno accompagnando i nuovi vescovi eletti in questi ultimi mesi

Papa Francesco non dà segni di stanchezza. Reduce da uno straordinario viaggio a Cuba e poi in America, dove ha lasciato i segni inevitabili della sua leadership religiosa ed etica, e dopo aver concluso il sinodo ordinario sulla famiglia, si appresta ora ad ascoltare la chiesa italiana. Infatti, tra il 9 e il 13 novembre prossimi, si terrà a Firenze il 5° Convegno ecclesiale nazionale. Dopo Evangelizzazione e promozione umana (Roma 1976), Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini (Loreto 1985), Il vangelo della carità per una nuova società in Italia (Palermo 1995) e Testimoni di Gesù risorto speranza del mondo (Verona 2006), titoli dei convegni ecclesiali precedenti, i vescovi italiani hanno voluto questo nuovo convegno In Gesù Cristo il nuovo umanesimo.

Nel frattempo il papa non trascura la riforma della curia e delle finanze vaticane, anche se hanno bisogno di tempi fisiologici per essere attuate. Ma, tornando al suo rapporto con la chiesa italiana, Francesco, spesso nei suoi interventi, ha sempre voluto mettere una sorta di distanza simbolica tra lui e i vescovi italiani. La chiesa italiana, infatti, è l’unica conferenza episcopale al mondo dove il suo presidente è stato nominato, fino a oggi, direttamente dal papa in persona. Ciò, ovviamente, per mettere in rilievo il rapporto speciale tra Cei e il pontefice, vescovo di Roma. Nonostante ciò, il papa ha più volte pregato i confratelli italiani a cambiare questa norma non in linea con il resto delle chiese del mondo. Lo scorso anno, infatti, il “parlamento” della Cei ha votato una soluzione di mediazione che prevede l’indicazione di una terna di nomi che saranno poi trasmessi al papa affinché il pontefice faccia la scelta finale.

In attesa di una futura terna, questa volta Francesco ha deciso di intervenire direttamente nel luogo simbolo della chiesa italiana, e cioè la celebrazione di un suo Convegno nazionale, prassi regolarmente seguita dai suo predecessori, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. E così, prima della prolusione del cardinale Bagnasco, presidente della Cei, ci sarà una mini-prolusione del papa a Prato la mattina del 10 novembre, e subito dopo quella più corposa direttamente a Firenze.

Qualcuno annota come questa consuetudine in realtà dimostri la volontà di papa Francesco di “svegliare” un po’ la Cei, rea ai suoi occhi di non essere sufficientemente profetica nell’annuncio della buona notizia, più attenta alla mediazione che alla carità. Qualcun altro pensa che Firenze sarà l’ultimo atto di una stagione ecclesiale sedimentatasi negli anni nel cosiddetto progetto culturale e cresciuta “pubblicamente” nella difesa dei valori non negoziabili. Altri ancora pensano che invece non succederà niente.

Al di là delle previsioni, non sempre facili con un papa imprevedibile come Francesco, certo siamo a un punto di svolta per la chiesa italiana. Basta vedere i criteri di nomina che stanno accompagnando i nuovi vescovi eletti in questi ultimi mesi. Una tornata interessante, giovane, intraprendente, pastori con un certo curriculum vitae contrassegnato da seri studi e da esperienze pastorali ai margini, a contatto con i più poveri.

Se è vero che Firenze è una tappa del lungo cammino della transizione ecclesiale italiana, è altrettanto vero che i nuovi vescovi, che hanno sostituito i 75enni decaduti di fatto e di diritto dalla carica e che erano stati nominati tutti nella stagione di Wojtyla, sembrano avere uno stile pastorale perlomeno differente dai precedenti. Firenze, in ciò, ci farà leggere i segni dei tempi e parlare il linguaggio dell’amore che Gesù ci ha insegnato. Solo una chiesa che si rende vicina alle persone e alla loro vita reale, infatti, pone le condizioni per l’annuncio e la comunicazione della fede.

La domanda, infine, che girerà tra i convegnisti a Firenze, sarà sempre la stessa: come annunciare la buona notizia? Monsignor Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino e presidente del comitato preparatore del convengo ecclesiale, così scrive: “Per questo, ancora una volta, a quasi dieci anni dal convegno di Verona, torniamo a sentire il bisogno di “convenire”, di rimetterci in cammino per incontrarci in un luogo in cui esprimere sinfonicamente la comune e, insieme, sempre peculiare esperienza credente di ogni diocesi; per verificare la strada percorsa a partire dall’evento conciliare e valutare seriamente i risultati dei processi di cambiamento. A questo proposito bisognerà registrare ciò che ancora non si è fatto al fine di attuarne le indicazioni, accogliendo sino in fondo le potenzialità che l’insegnamento del Concilio mantiene”.

C’è però, nel pur lungo e prezioso lavoro di comunicazione orizzontale, tra preti e laici, che si è fatto per vivere meglio il prossimo convegno, un risvolto importante. È come se tra le parole suntuose dei documenti entrasse all’improvviso il vento dello Spirito con la parola misericordia. È come se, tra le relazioni certamente importanti e magari un po’ sonnacchiose, il sorriso di papa Francesco, timoniere di una barca che non vuole affondare, arrivasse a scompigliare il lessico ecclesiale, con la tenerezza e il magistero dei suoi gesti.

Un alito di carità imperversa su Firenze. Insomma, l’impressione è che più dei documenti, stia cambiando lo stile. Se si tratterà di un’impressione lo scopriremo presto. La sensazione è che stavolta Francesco vada fino in fondo.

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