TEMPI DI CRISI

By Nicola Guiso
Pubblicato il 3 Gennaio 2017

Mentre andiamo in stampa il presidente della Re-pubblica ha dato incarico a Paolo Gentiloni – ministro degli Esteri nel governo Renzi – di formare il nuovo governo che abbia – parole di Mattarella – “la pienezza delle sue funzioni”, perché incombono “scadenze interne e internazionali” che dobbiamo rispettare; e che favorisca l’armonizzazione delle leggi elettorali di Camera e Senato. Dalle consultazioni del capo dello stato con i presidenti delle Camere, il presidente emerito Napolitano e i rappresentanti dei gruppi politici è risultato chiaro che tra i problemi prioritari del nuovo governo vi sono innanzitutto: l’assunzione di iniziative per contrastare la grave situazione economica e sociale del paese; la preparazione del prossimo G7 (riunione dei paesi economicamente più avanzati del mondo) e la celebrazione del 60esimo anniversario dei trattati di Roma (primo stadio nella formazione dell’Unione Europea) che si terranno quest’anno in Italia. Inoltre – come richiamato da Mattarella – favorire la rapida messa a punto delle leggi elettorali in vigore per  Camera e Senato. Con le modifiche da apportare a quella della Camera se la Corte Costituzionale dovesse indicare in essa, entro il 24 gennaio, punti in contrasto con la Costituzione. E armonizzandole al massimo, onde evitare la formazione di maggioranze politiche diverse nei due rami del parlamento col rischio di conseguente paralisi. Per il M5S, la Lega, Fd’I, la sinistra Ecologia e Libertà e i Centristi di Alfano, tali modifiche dovrebbero essere il primo impegno della maggioranza di governo al fine di giungere rapidamente a elezioni anticipate.

Considerate necessarie (forse però detto per tattica) anche dalla maggioranza renziana del Pd, dopo che è stata considerata strumentale la sua proposta di un governo di unità nazionale. Ovvio, comunque, che apportare tali modifiche è questione di estrema importanza e delicatezza. Sia – come detto – per avere un parlamento e un governo all’altezza dei tanti e gravi problemi, interni e internazionali. Poi perché le elezioni sono tra i momenti più alti della democrazia rappresentativa. In quanto sono  compimento naturale di una legislatura, oppure il possibile momento terminale di una crisi che abbia drasticamente ridotto o esaurito la capacità operativa di una maggioranza parlamentare. E che questo sia il caso messo in evidenza dal voto del 4 dicembre è incontestabile. Ne ha preso atto Renzi (dopo aver detto più volte che la sconfitta del SI avrebbe segnato la fine del proprio impegno politico) dichiarando dopo i risultati del referendum: “il NO ha vinto in modo straordinario (…) ho perso solo io”.

E che sia stata una sconfitta politica, sua e della sua maggioranza parlamentare, bastano pochi dati a evidenziarlo. Ha votato circa il 70% degli aventi diritto (cifra altissima in tempi di grande delusione per la politica). Di essi 19 milioni 419 mila hanno votato NO, 13 milioni 432 mila SI. Tra i votanti: l’81% di quelli tra i 18 e i 34 anni, e il 67% di quelli tra i 35 e i 54 hanno votato NO, mentre il SI, con il 53%, ha prevalso tra quelli oltre i 55 anni. Quanto al titolo di studio, il 53% degli elettori con laurea ha votato NO e il 47% SI; quelli con diploma media superiore il 61,5% NO e il 38,5% SI; con licenza media inferiore il 64,4% NO e il 36,6% SI; con licenza elementare o nessun titolo il 50,4% SI e il 49,6% NO. L’andamento della crisi ha confermato  la grave frattura nel Pd, con Renzi forse tentato di usare il 40% dei SI quale base di un  nuovo partito “riformista”, con conseguenti possibili scissioni. Ha confermato la divisione tra Berlusconi, da una parte, e la Lega e Fd’I dall’altra, anche perché FI è (anche se non lo dice) contro elezioni a breve termine e Salvini e la Meloni per elezioni entro marzo. Ha fatto, inoltre registrare l’ennesima rottura dei centristi moderati (tra Casini e Cesa), e la decisione del M5S di giocare la carta di elezioni anticipate per vincerle, anche se leggi elettorali proporzionali (al momento le più probabili) potrebbero rendergli difficile  andare al governo. Continua  per tanto a imperversare nei media con programmi fantasiosi e allettanti, quanto privi di attendibili indicazioni sui costi, e di come e da chi reperire le risorse necessarie.

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