STUFI DELLA SOLITA ZUPPA? ASSAGGIATE I FAGIOLI DI PAGANICA

By Gloria Danesi
Pubblicato il 5 Luglio 2016

Al momento la domanda di questo delizioso legume è superiore all’offerta. La semina si effettua in primavera, la raccolta avviene fine estate/inizio autunno. Se ne annoverano due varietà: quello a pane, anche detto “a olio”, di colore beige tendente al nocciola con occhio centrale e quello bianco detto “a pisello” di colore avorio.

Il consiglio che segue “cade a fagiolo” per chi è stanco della solita minestra. La svolta è assicurata dall’inserimento nella ricetta di una manciata di fagioli di Paganica (frazione dell’Aquila). Una bontà che vi farà leccare i baffi. È risaputo che i legumi sono tutti buoni e fanno bene alla salute. “Borlottatevi” se volete, ci sono varietà di nicchia – a volte di piccole dimensioni e produzioni – ma dal grande gusto e tra questi va annoverato il fagiolo coltivato alle falde del Gran Sasso. Già nell’elenco nazionale dei prodotti tipici del ministero delle Politiche agricole e inserito a pieno titolo nell’Atlante dei prodotti tradizionali d’Abruzzo, è divenuto nel 2015 un presidio Slow Food.

Il fagiolo di Paganica viene coltivato principalmente nella conca del fiume Vera le cui acque risorgive provengono dal bacino idrografico della montagna più alta dell’Appennino. Se ne annoverano due varietà: il fagiolo a pane, anche detto “a olio”, di colore beige tendente all’avana o al nocciola con occhio centrale; il fagiolo bianco detto “a pisello” di colore avorio. Quest’ultimo presenta una forma più tondeggiante del precedente con una buccia meno consistente e la parte interna burrosa, risultando per tale ragione più tenero di quello a olio che invece mantiene una migliore fragranza e ha più sapore a cottura ultimata (30 minuti circa). Si possono mangiare semplicemente lessati e conditi con olio extravergine sale e pepe, oppure in zuppa; la ricetta locale prevede l’aggiunta del guanciale prodotto anch’esso caratteristico del territorio, obbligatorio l’utilizzo dell’ottimo pane aquilano.

La coltivazione di questi legumi necessita di molta manodopera, vedi l’eliminazione manuale delle erbe infestanti, la posizionatura delle canne o frasche di sostegno, la raccolta manuale scalare da svolgersi nell’arco di qualche settimana, fino all’ultima operazione consistente nella separazione dei fagioli dai baccelli. Da qui il calo drastico della produzione, intorno agli anni 70 del secolo scorso, legato anche a scelte politiche e territoriali volte a favorire gli insediamenti industriali e civili proprio su quei terreni particolarmente vocati a questo tipo di coltura. Fino ad allora importanti quantità di legumi erano in grado di soddisfare oltre il mercato locale anche i mercati delle province limitrofe (Rieti, Terni e Ascoli Piceno).

Caratteristica coltivazione di un tempo era la consociazione con il mais che fungeva da tutore della leguminosa. Il presidio, sostenuto dal Gal Gran Sasso Velino, intende affiancare lo sforzo in atto di un gruppo di giovani coltivatori che intendono rilanciare la produzione dei fagioli per fini non soltanto economici, ma anche sociali attraverso la riscoperta dell’identità del territorio e il recupero delle sementi dai contadini più anziani garantendo, altresì, le pratiche agronomiche eco-sostenibili. Si terrà così in vita una tradizione centenaria, continuando a fruire di un habitat ideale (suoli freschi, profondi, di natura alluvionale) che purtroppo, in occasione del recente sisma, è stato ulteriormente occupato da complessi abitativi (C.A.S.E.).

La domanda di questo delizioso legume è, al momento, superiore all’offerta. La semina si effettua in primavera, la raccolta avviene fine estate/inizio autunno. L’area di produzione ricade nella zona degli “orti” delle frazioni di Paganica, Tempera, Bazzano e Onna, tutti nel comune dell’Aquila. Ai buongustai ricordiamo che a Paganica, come in tutta la zona del Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, è viva la tradizione popolare di norcineria familiare. Un famoso salumificio artigianale locale da qualche anno ha messo in commercio un nuovo prodotto denominato cuore di Paganica, limitato nella produzione, ma non nel gusto. Analogamente a quanto avviene per l’apprezzatissimo culatello, il cuore è la parte muscolosa più grande degli arti posteriori del suino, privo di cotenna e di osso, salato e protetto esternamente. Ai turisti consigliamo di visitare l’ex basilica di San Giustino al Cimitero (secolo VIII-XII), il Palazzo Ducale e Casa gotica (secolo XIV), l’incantevole santuario della Madonna d’Appari (chiesa romitorio secolo XV).

Appagante Abruzzo!

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