LO SGUARDO DI AMORE È LUCE DI VITA

By Mons. Antonio Riboldi
Pubblicato il 2 Febbraio 2014

Credo che tutti abbiamo provato l’esperienza dello smarrimento e dell’incertezza, che a volte sconfina nella paura, quando, di sera, all’improvviso se ne va la luce in casa o per la strada su cui camminiamo. Tutto prende una dimensione diversa: non sai più dove sei, cosa ti stia succedendo e dove stai mettendo i piedi. È come quando ci si trova immersi nella nebbia di notte. Ma poi appena torna la luce o il sereno si prova un immenso senso di sollievo, quasi di gioia.

Oggi, se facciamo bene attenzione, l’umanità, per tante ragioni, è come se avesse smarrito la luce. A volte ci sentiamo avvolti da un profondo buio dentro e fuori di noi. Tentiamo tanti discorsi sulla pace, sull’onestà, sulla tolleranza, ma paiono avvolti dalle tenebre, tanto da dubitare se serva anche solo ascoltarli. Abbiamo bisogno di luce interiore, ma chi merita di essere oggi considerato “luce”. Ancor più a chi possiamo rivolgerci perché ci faccia luce? Fa davvero compassione scoprire tanti nostri fratelli e sorelle, nelle famiglie, nella società, pervasi da un buio “dentro”, dove si dovrebbe essere chiamati a cercare e trovare la vera strada della vita. A chi rivolgersi?

Gesù è la vera luce. Luce che illumina il mondo, ma purtroppo, ci dice l’evangelista Giovanni che, anche chi è stato creato per mezzo di lui, spesso non sa trovare la via della luce. Basta guardarci attorno. Non riconoscere che Gesù è la luce corrisponde a scegliere di vivere nelle tenebre, ossia fuori dalla verità, e fare dell’amore per se stessi la vanità della nostra stessa esistenza, insieme a tante altre realtà del mondo, che pretenderebbero di prendere il posto alla luce vera: una follia. Non ci scandalizziamo, allora, di questo uomo che vive nel buio.

Occorre incontrare Gesù, lui, figlio di Dio, è la sola luce, da cui dobbiamo farci inondare. E l’incontro non è soltanto motivo di una gioia profonda, come quando splende il sole, ma diventa anche la responsabilità di vivere testimoniando il dono ricevuto, grazie alla sua presenza nella nostra vita, così da diventare noi stessi una fonte di luce e di gioia per chi ci sta vicino. Ci sono fratelli e sorelle – tanti, ma non fanno rumore, proprio come la luce – che si distinguono per la loro fede vissuta e la bontà. Sono di ogni condizione, lingua, nazione… Ne ho conosciuti tanti, donne, uomini, giovani e anziani, che si imponevano all’attenzione per qualcosa di indefinito, che appartiene proprio alla luce: una luminosità interiore che invadeva anche coloro che li avvicinava. Alcuni poi si distinguono per la missione specifica che il Signore ha loro affidato.

Ho avuto la gioia di stare parecchie volte con Giovanni Paolo II, che aveva per me un affetto particolare. Stando con lui si aveva davvero l’impressione di essere nella luce. Non faceva nulla di particolare, ma sapeva dare a chi gli stava vicino il senso della fede e della gioia. Era davvero la luce che splendeva, come Gesù, sul mondo. E come non pensare al nostro papa Francesco, che con parole e gesti semplici, ma profondi e concreti, riesce davvero a irradiare la pace, che il Signore dona ai suoi discepoli fedeli. Quello che Gesù chiedeva ai suoi discepoli è ciò che oggi chiede a ogni fedele, a ogni cristiano. C’è da fare un serio esame di coscienza. Sappiamo uscire dal frastuono del mondo, per entrare nella serenità della fede e nella donazione della vita? Abbiamo coscienza che la gioia di essere luce nel mondo dà sapore alla vita?

Ricordo un fatto che mi colpì in bene, quando ero parroco a Santa Ninfa. Dopo il terremoto si viveva tutti nelle baracche. Venne a farci visita l’onorevole Aldo Moro, allora presidente del Consiglio. Quel giorno vi era la supplica di Pompei. Lasciò tutti e con me volle partecipare all’ora di adorazione al Santissimo, cui faceva seguito la supplica. Mi impressionò il suo vivere la fede senza timori. Rimase in ginocchio tutta l’ora. Quando uscì e si immerse tra la gente, molti contestavano la mancata presenza del governo per la ricostruzione. Sorbì tutti gli urli senza ribellarsi. Gli chiesi da dove venisse tanta pacatezza e serenità. “Da Gesù – mi rispose – con cui sono stato per un’ora e che è sempre con me”.

Una lezione di fede vera, che si tradusse, nelle seguenti settimane, in un’azione efficace e concreta a servizio della ricostruzione per le popolazioni colpite. Quanto abbiamo bisogno di tali credenti! E quanta responsabilità per ciascuno di noi, che ora sappiamo di essere chiamati a diventare luce e sale per rendere questo mondo migliore!

Comments are closed.