L’EDUCAZIONE UNA QUESTIONE DI AMORE

By Catia Di Luigi
Pubblicato il 1 Marzo 2014

Ha fatto il giro del web e destato clamore un filmato che riprende una ragazza di quattordici anni, aggredita e picchiata con violenza, nell’hinterland milanese, da una sua coetanea. “Lei è più bella di me. Ma io so uccidere meglio”, scriveva Giovanna nella sua pagina facebook, la ragazza bionda di Bollate che nel video prende a schiaffi e a calci la sua nemica Sarah. Giovanna ha sedici anni, Sarah ne ha solo quattordici. Pare che dietro al gesto ci fosse un problema di attenzioni maschili. Fatto sta che la bionda adolescente affronta la rivale fuori la scuola e davanti a un nutrito gruppetto di compagni le dice: “Devi morire”. Poi prende a schiaffi Sarah, la afferra per i capelli, la butta per terra, la trascina, la fa ricadere, le assesta una serie di calci di cui due in testa. Senza che nessuno dei tanti compagni lì presenti intervenga per fermare la brutalità di quell’aggressione. E nonostante Sarah chieda insistentemente aiuto. Anzi, qualcuno grida “Picchia, vai così, cattiva!”. Ridono, fischiano, si esaltano a ogni schiaffo, bestemmiano, mentre la sedicenne con la sua tuta calata sul sedere e le mani in tasca da bulla, continua a sferrare calci. Intanto, il ragazzetto col telefonino in mano continua a riprendere queste immagini, poi postate su facebook come si trattasse di una festa tra amici. Dopo alcuni minuti di furia, le ragazzine vengono divise e l’aggredita preferisce tornare a casa senza chiedere l’intervento dell’ambulanza. La vicenda si sarebbe potuta concludere qui, nessuno avrebbe saputo nulla se proprio uno di loro non avesse caricato su facebook il video. Ci auguriamo ora che i genitori di Giovanna non minimizzino l’accaduto, non la assolvano, non le permettano di trovare alcun alibi. Perché sì, si può sbagliare, ma gli errori vanno puniti. Ci vogliono regole e responsabilità. E basta con la solfa “ci deve pensare la scuola o la scuola non educa abbastanza”. I figli si educano a casa. Per troppo tempo, dal 68 in poi, si è scaricato tutto sulla società, ma è la famiglia il punto cardine della nostra esistenza. La famiglia ha il dovere di educare i figli a vivere nella società in modo corretto, prima della società e delle istituzioni. Se per i greci educare significava formare soldati e per i romani formare gli oratori, per i cristiani, da 2000 anni, educare significa sviluppare la totalità dell’uomo, in ogni sfaccettatura del suo essere immagine di Dio. Pertanto il segreto di un’educazione vera dei nostri ragazzi è l’attenzione a tutto l’orizzonte della persona. I figli non hanno solo i muscoli da allenare, un corpo da esibire, bisogni da soddisfare. È purtroppo vero che la cultura egemone tende ad esasperare i bisogni, riconoscendo nei giovani dei consumatori, ignorando il loro desiderio di felicità per cui soddisfatti i bisogni, la partita è finita. Benedetto XVI al Convegno diocesano di Roma (giugno 2007), diceva che l’educazione è una questione di amore “ha bisogno di quella vicinanza che è propria dell’amore”. Ecco allora che il segreto dell’educare è il cuore. Ha ragione dunque Jafaar Bin Hassan, presidente della conferenza dell’Unesco, quando dice che “il cuore delle madri è il primo libro dei figli”. Quel cuore che il giovanissimo Francesco Possenti, rimasto presto orfano di madre, continuò a sentire grazie anche alla vicinanza di sua sorella Maria Luisa, una vita passata in silenzio a supplire la madre scomparsa troppo presto, e di suo padre Sante che si sforzò di temperare in dolcezza la severità dei suoi interventi. Ieri ai tempi di san Gabriele come oggi, l’uomo non può vivere senza amare e senza essere amato. È la vicinanza propria dell’amore ad avere il  linguaggio per restituire alla famiglia la sua missione educativa. Ma occorre innanzitutto sintonizzare le antenne per ascoltarsi. Quando i genitori si mettono in ascolto, i figli intuiscono di non essere relegati dopo il lavoro, dopo gli interessi, dopo l’ennesimo banale varietà televisivo e capiscono di essere amati. È l’ascolto a generare il dialogo. Nel dialogo le generazioni si guardano, i cuori si aprono e due mondi lontani si possono incontrare e crescere insieme. Il dialogo è rispetto dei ruoli, del “dislivello educativo”, che viene meno quando i genitori cedono alla tentazione del giovanilismo, dell’assumere toni impropri, incompatibili con la propria età ed esperienza di vita e soprattutto incompatibili con l’autorevolezza, che è il vero segreto dell’efficacia educativa. Ecco allora che il segreto capace di educare è l’amore, anima del dialogo.

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