Le opere di misericordia

l'opinione
By Dario Di Giosia
Pubblicato il 31 Gennaio 2016

…e il corpo ha bisogno di cibo, acqua, vestito, casa, cure mediche e parentali fino alla sepoltura, mentre allo spirito serve la verità, il consiglio, la correzione, la consolazione, il perdono, la grazia e la preghiera. Chi opera queste cose?

Il salmo 103, inno alla bontà e all’amore di Dio, invita a benedire la sua azione sull’umanità poiché “Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue infermità, salva dalla fossa la tua vita, ti circonda di bontà e misericordia” (3-4). A partire da questi versetti e, come scrive papa Francesco, “con lo sguardo fisso su Gesù e il suo volto misericordioso” (Misericordiae vultus, 8), possiamo cogliere l’amore del Signore nel suo molteplice manifestarsi: Dio perdona, guarisce, salva, circonda di bontà. Non è necessario addentrarsi troppo in spiegazioni al riguardo. Tutto il vangelo ci parla di come Gesù ha perdonato, guarito, salvato, amato.

È ancora il vangelo però che dice: “Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro” (Lc 6,36) e lo fa indicando i volti concreti dell’affamato, dell’assetato, di chi è senza casa e senza vestito, di chi è malato o imprigionato. Il vangelo invita alla misericordia e anche la esige: “Tutto quello che avete fatto ad uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,31-46). Come può, dunque, la creatura, fatta ad immagine e somiglianza del Creatore, non vivere nel suo medesimo amore, nella sua misericordia? Semplicemente: Non può! Sarebbe una contraddizione, un rinnegarsi. Questo accade a quanti si chiudono alla misericordia. Si rinnegano.

Ora, invece, la migliore tradizione della chiesa ha dato un nome all’amore misericordioso, proprio a partire dall’insegnamento del vangelo, distinguendo le opere di misericordia corporale e le opere di misericordia spirituale. E il corpo ha bisogno di cibo, acqua, vestito, casa, cure mediche e parentali fino alla sepoltura. Mentre allo spirito serve la verità, il consiglio, la correzione, la consolazione, il perdono, la grazia e la preghiera. Chi opera queste cose? Tutte le persone di buona volontà.

La misericordia, nei sui diversi aspetti, non è occasione da riservare ai momenti gravi della nostra storia locale o nazionale, poiché, non solo siamo abitanti della terra intera ma abbiamo anche il dovere di vivere la misericordia nel concreto della nostra vita quotidiana, scorgendo il bisogno altrui nel modo confuso in cui talvolta si manifesta. Il prossimo ci interroga continuamente. Se non siamo troppo impegnati a curare noi stessi, una salutare provocazione ci giunge costantemente al cuore e ci spinge a fare di più. In molti modi si cura la fame, la sete, la malattia, il dubbio e il dolore. La generosità umana, con l’aiuto di Dio, trova l’intelligenza della misericordia anche in piccole cose, piccoli gesti e parole, che però sanno dare ristoro all’anima e al corpo.

Chi ha fame, oggi? Certo quasi nessuno in una società organizzata come quella occidentale. Tuttavia ampie aree del mondo non hanno facile accesso al cibo. La terra continua a produrre molto più di quanto è il fabbisogno reale della sua popolazione ma ancora tanta gente ha fame. A vari livelli dunque si può agire e si hanno responsabilità, a partire dall’alto delle organizzazioni internazionali, politiche ed economiche, fino al più semplice ed immediato concorso di tutti alla promozione umana, attraverso le associazioni, le onlus o la stessa Caritas che affidabilmente opera sul campo. Stesso discorso vale per la sete e l’accesso all’acqua potabile, la casa e ogni altro bisogno delle nazioni povere del mondo.

Più complessa risulta invece la realtà del vestire le persone. Di fatto, non ci si trova semplicemente a passare abiti dismessi ma ancora buoni, a volte nuovi, a chi è più povero. Il vestire ha oggi una emergenza più ampia, che richiede una vera e propria rieducazione ai significati dell’abito, del coprirsi e dell’essere nudi, tenendo ben presenti gli eccessi assurdi del nudismo-sexy occidentale e il burqa-mania orientale.

L’altro, in quanto persona bisognosa, è davanti a noi come malato, carcerato, pellegrino senza amici che lo accolgano, confortino, consiglino. L’altro è l’umanità in quanto fragile, l’umanità che ha bisogno di amore, perdono, preghiera. Non ci è concesso di “salvare” il mondo, ci è chiesto però di fare la nostra parte. E a questo poche cose si oppongono.

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