LA VITA SUL PIANETA BLU… E SU QUELLO ROSSO?

By marco staffolani
Pubblicato il 1 Maggio 2018

 

Propongo ai nostri lettori, dopo le vacanze pasquali, una veloce carrellata sulla ricerca della vita biologica. Dai virus alle balene azzurre, dalla semplice cellula al cervello umano. Che sia solo la frazione di uno spillo, o che produca i teoremi che regolano l’universo, la vita sorprende gli studiosi che la cercano in ogni angolo della Terra… e oltre.

Sappiamo che i vasti oceani sono popolati di pesci, dai più normali ai più strani, come le razze, i pesci palla, o le varianti di squali con il muso più o meno buffo. Ma a guardare veramente il fondo, il posto più inospitale per la vita sembra essere la fossa delle Marianne, al largo del Giappone nell’oceano Pacifico, dove la “gola” più profonda raggiunge quasi quota -11km. Non proprio sull’ultimo fondo, ma a -8 km di profondità sono stati catturati dei piccoli pesci “trasparenti”, della specie dei liparidi, lunghi circa una spanna che riescono a sopportare una pressione spropositata: 800 kg per centimetro quadrato (800 volte quella a cui siamo abituati noi, cioè al livello del mare).

E se pensassimo che le stranezze finiscono qui, dobbiamo ricordarci che i microorganismi riescono a vivere anche in situazione di temperatura estrema. Stavolta parliamo delle sorgenti idrotermali Endeavour, nell’oceano Pacifico al largo dell’isola di Vancouver, che si trovano alla profondità di 2250 metri, Qui il fondale, a causa dei movimenti della crosta terrestre, si espande permettendo all’acqua marina di infiltrarsi tra le rocce e raggiungere la lava incandescente. Nel suo ritorno verso la superficie, l’acqua fortemente riscaldata forma delle strutture calcaree chiamate camini idrotermali caratterizzate dalla presenza di un ambiente solfureo. Qui è stato trovato un microbo estremofilo a 121 °C, attualmente il limite più elevato di temperatura per un essere vivente.

E se ci spostiamo nelle immense distese, più rocciose che sabbiose, del deserto dell’Atacama in Cile scopriamo che dobbiamo ripensare anche i concetti più assodati: si dice, infatti, dove c’è acqua c’è vita, ma qui certi microorganismi,  che riescono a sopravvivere con 1 solo mm di pioggia all’anno (contro i comuni 2500-3500 mm tipici delle nostre zone italiane), fanno pensare addirittura che la vita possa fare a meno del prezioso liquido.

E se c’è vita anche nel più asciutto dei deserti della Terra, che dire del terreno marziano? Che cosa ci hanno fatto comprendere le numerose sonde atterrate (e alcune attualmente in orbita) sul pianeta rosso?

Nessuna conferma di “vita extraterrestre” è venuta dalle vecchie Viking che hanno esplorato Marte negli anni ‘70, e nemmeno dai più recenti rover Spirit, Opportunity e Curiosity. Mentre abbiamo capito che un po’ di acqua su Marte c’è (ed era addirittura abbondante nelle ere geologiche passate), rimane il problema della traccia di metano nella sua atmosfera: essa è di origine geologica oppure biologica? Infatti i batteri della Terra, che producono metano in abbondanza, fanno sì che la sua percentuale nell’atmosfera rimanga stabile nonostante i raggi solari lo scompongano in altri elementi.

Le nuove sonde ci daranno ulteriori risposte per soddisfare la nostra curiosità. Ma tutto questo nell’attesa che una spedizione umana visiti il quarto pianeta. Perché la vita (se là fuori non ce ne fosse già) non può restare confinata su un solo pianeta.

Comments are closed.