LA SPOSA PARLA AL SUO SPOSO

CINQUANT’ANNI DI CONCILIO
By Carlo Ghidelli
Pubblicato il 3 Ottobre 2014

Il Vaticano II insiste nel caratterizzare la preghiera dei salmi come la voce della chiesa-sposa a Cristo-sposo. La metafora, che suscita in noi qualche meraviglia, merita di essere approfondita perché in essa sta nascosto un prezioso insegnamento. In essa sta nascosta quella spiritualità sponsale che trova ampi sviluppi nella bibbia, sia antico che nuovo testamento. Il Dio di Israele ha trattato il popolo eletto con grande tenerezza e con grande amore: un amore che talvolta ha conosciuto anche le espressioni della gelosia. È con questo profondo sentire che anche noi siamo invitati a pregare i salmi.

L’UFFICIO DIVINO OPERA DI CRISTO E DELLA CHIESA

Il sommo sacerdote della nuova ed eterna alleanza, Cristo Gesù, prendendo la natura umana, ha introdotto in questo esilio terrestre quell’inno che viene eternamente cantato nelle sedi celesti. Egli unisce a sé tutta la comunità degli uomini e se l’associa nell’elevare questo divino canto di lode. Infatti continua questo ufficio sacerdotale per mezzo della sua stessa chiesa che loda il Signore incessantemente e intercede per la salvezza del mondo intero (SC 83).

Nella nostra parrocchia lodevolmente vige ormai la tradizione di premettere alla celebrazione dell’eucaristia la recita delle Lodi che sono una parte essenziale dell’ufficio delle ore. In questo modo la comunità parrocchiale partecipa al canto di lode che la chiesa eleva al padre per mezzo di Gesù, sommo ed eterno sacerdote. E questo forse è il modo migliore per prepararsi alla celebrazione eucaristica.

È quasi superfluo ricordare che i salmi sono sempre stati considerati come la voce con la quale la chiesa sposa si rivolge a Gesù suo sposo: ne contempla la bellezza, ne esalta le virtù e ne invoca l’aiuto. Pertanto i salmi vanno pregati con questa attitudine interiore; allora essi diventano non solo formule di preghiera ma anche espressione sincera e appassionata del nostro amore per il Signore Gesù, nostro maestro e salvatore.

 

PREGARE CON I SALMI

I padri conciliari esortano a santificare le varie ore del giorno con la preghiera dei salmi: “Il divino ufficio, secondo l’antica tradizione cristiana, è costituito in modo tale da santificare tutto il corso del giorno e della notte per mezzo della lode di Dio. Quando poi a celebrare debitamente quel mirabile canto di lode sono i sacerdoti e altri a ciò deputati da un precetto della chiesa, o i fedeli pregano insieme con il sacerdote nella forma approvata, allora è veramente la voce della sposa stessa che parla allo sposo, anzi è la preghiera di Cristo che, in unione al suo corpo, eleva al padre” (SC 84).

È vero che l’ufficio divino è nato per i monaci ed è dovere primario dei monaci e delle monache, che coltivano il silenzio dentro i loro monasteri, ma è altrettanto vero che esso, in quanto composto prevalentemente di salmi, si adatta molto bene anche a chi vive nel mondo ed è impegnato nelle faccende che interessano il mondo. Per i fedeli laici sono particolarmente raccomandate la recita delle Lodi mattutine e dei Vespri la sera.

Degna di nota è l’espressione “la voce della sposa che parla al suo sposo”: qui emerge tutta quella spiritualità sponsale che oggettivamente sta racchiusa nei salmi e che soggettivamente dovremmo fare nostra quando, in diversi modi e svariate circostanze, ci troviamo a pregare con i salmi. Una spiritualità che però deve accompagnarci anche nella nostra vita quotidiana affinché quello che diciamo allo sposo nella preghiera trovi conferma nella vita di tutti i giorni.

 

LA PREGHIERA DELLA SPOSA ALLO SPOSO

Ecco ora come lo stesso concilio ribadisce lo stesso concetto: “Tutti coloro pertanto che compiono questo, adempiono l’obbligo della chiesa e partecipano al sommo onore della sposa di Cristo, perché, rendendo lode a Dio, stanno davanti al trono di Dio in nome della madre chiesa” (SC 85).

Ritorna qui il tema della chiesa-sposa, il cui sommo onore sta nel poter cantare le lodi del suo sposo divino. Onore, dunque, non onere è il cantare le lodi di Dio: un onore unico nel suo genere e più grande di ogni altro. Starei per dire che quando preghiamo i salmi dovremmo entrare nella parte più recondita del nostro cuore, là dove possono entrare solo lo sposo e la sposa, dove possiamo entrare solo io e lui, solo lui e tu.

Ma fa capolino un’altra grande verità: quando preghiamo i salmi noi ci mettiamo davanti al trono di Dio: personifichiamo la chiesa e intercediamo per essa. Come si legge nella lettera agli Ebrei, Gesù è già entrato nel santuario celeste e là, seduto alla destra del padre, intercede per noi. Ma lui ci ha preceduto (vedi Eb 6,20) e noi, pregando, ci mettiamo accanto a lui per condividere anticipatamente la sua condizione beata.

 

 

DALLA COSTITUZIONE CONCILIARE SULLA CHIESA

Cristo ama la chiesa come sua sposa, e si è reso esempio del marito che ama la sua moglie come il suo proprio corpo (cfr Ef 5,25.28); quanto alla chiesa stessa, essa è soggetta al suo capo. E, poiché “in lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità” (Col 2,9), la sua pienezza riempie dei suoi doni la chiesa, la quale è il suo corpo e la sua pienezza (cfr Ef 1, 22-23), affinché essa sia protesa e pervenga a tutta la pienezza di Dio (cfr Ef 3,19).

Lumen Gentium 7

 

DALLA LETTERA AGLI EBREI

Avendo dunque, fratelli, piena fiducia di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, per questa via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne, avendo noi un sacerdote grande sopra la casa di Dio, accostiamoci con cuore sincero in pienezza di fede, con il cuore purificato dalla cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura. Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è fedele colui che ha promesso.                               Ebrei 10,19-23

 

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