LA LUCE INTERIORE È QUELLA PIÙ FORTE

l'opinione
By Paola Severini
Pubblicato il 31 Marzo 2014

Cari amici de L’Eco, il nostro appuntamento mensile si è diradato nello scorso anno e ho ricevuto alcune telefonate da parte dei lettori che mi chiedevano il perché: quindi ho tele-fonato al direttore e ho chiesto ospitalità. Non c’era, non c’è un perché: è la solita storia, siamo tutti pieni di impegni, di guai, di problemi familiari e non, e le cose importanti, molto spesso, almeno per me, finiscono all’ultimo posto.

Invece vi chiedo scusa, voi rappresentate per me un confronto davvero importante: perché conta il dialogo con voi, che va avanti, tra i miei più o meno lunghi silenzi, dal 2000, ossia da quattordici anni. In questi quattordici anni sono successe tante cose nelle nostre famiglie ed è successa una cosa importantissima per il mondo: abbiamo conosciuto, in così poco tempo, ben tre papi. Ne abbiamo salutato uno, il magnifico papa Wojtyla, grande comunicatore e autentico pastore della chiesa che questo mese, esattamente domenica 27 aprile, diventerà santo insieme a una altro grande pontefice, papa Roncalli e abbiamo imparato ad amarne due, che sono oggi i nostri riferimenti: papa Benedetto e papa Francesco.

Quanto tempo abbiamo aspettato per vedere papa Giovanni XXIII “formalmente” alla gloria degli altari? Lo era già per molti di noi, perché la cosiddetta devozione popolare è un fortissimo segnale importante quasi quanto i miracoli che servono per essere dichiarati santi, e in particolar modo, le persone della mia età non potranno mai dimenticare la “carezza del papa”: quelle parole pronunciate l’11 ottobre 1962 che ci sono rimaste nel cuore e che papa Bergoglio ha ripreso con il suo  tenero “buonasera” come primo atto rivolto a tutto il mondo dalla cattedra di Pietro (urbi et orbi) e nel contempo carico di tenerezza, il 13 marzo dello scorso anno.

Quando scrivo che tralasciamo le cose importanti mi rivolgo prima di tutto a me stessa, e poi cerco di parlare ai miei figli e ai miei collaboratori che considero dei “quasi figli”.

E improvvisamente accadono eventi, assolutamente inaspettati, che ci fanno ritrovare il filo del rapporto interrotto con le questioni vere: ho realizzato un documentario per la Rai su tre persone che sanno molto del papa Francesco. Il primo è il nuovo cardinale Loris Capovilla, amato segretario di papa Giovanni XXIII e due sono addirittura suoi amici, Leonardo Boff e Arturo Paoli. Arturo Paoli è stato nella sua lunghissima vita (quest’anno compie 102 anni), sacerdote ed eremita: fratel Arturo è giusto fra le nazioni, per aver salvato centinaia di ebrei durante la seconda guerra mondiale, dirigente della gioventù di Azione Cattolica, cappellano sulle navi dei migranti italiani e dopo un difficilissimo periodo in Argentina, dal 1969 al ’74, anni nei quali ha conosciuto l’allora vescovo Bergoglio, ha infatti passato un periodo nel deserto, in volontario ritiro, dove ha scelto di diventare un piccolo fratello di Charles de Foucauld. Intervistando fratel Arturo mi sono “fermata”: fermata a riflettere grazie alle sue parole, a cercare di ritrovare il motivo del mio cammino, il perché sono cristiana. La quaresima, questo periodo di silenzio e di preghiera, è utile per la nostra salute mentale, non soltanto per il nostro cuore. Papa Francesco, che non è assolutamente come qualche famoso giornalista ha scritto “un prodotto da consumare”, ci esorta a cercare nel silenzio le ragioni della nostra fede, e lo fa con il suo esempio. Poi, dopo la Pasqua, la nostra chiesa e noi tutti festeggiamo la speranza del futuro che ci è data dalla risurrezione. Conoscere persone così anziane e così giovani insieme: Paoli conserva, anzi direi che in lui aumenta, la gioia di vivere di un ragazzo. Mi ha insegnato che la luce interiore è quella più forte.

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