IL TERRORISMO ISLAMISTA IN NIGERIA

UNA MINACCIA PER LA PACE DEL CONTINENTE NERO E DEL MONDO
By Angelo Paoluzi
Pubblicato il 3 Luglio 2014

LE CAPACITÀ OFFENSIVE DELL’ORGANIZZAZIONE BOKO HARAM STANNO PURTROPPO AUMENTANDO: NEL 2014 SI SONO REGISTRATE GIÀ 1500 AZIONI TERRORISTICHE. I “MACELLAI DEL PAESE AFRICANO” HANNO CAUSATO NEI DUE ULTIMI ANNI ALMENO DUEMILA MORTI, CHE SI AGGIUNGONO ALLE ALTRE MIGLIAIA DAL 2009 È diventato un problema che riguarda l’intera Africa il sequestro delle 234 studentesse nigeriane, a metà dello scorso aprile, da parte dei terroristi dell’organizzazione islamista Boko Haram. La cui presenza sembrava una questione puramente nazionale, una resa dei conti interna alla Nigeria, un tentativo di imporre con la forza la legge coranica, la sharia, non soltanto a tre degli stati federali a maggioranza islamica dove è già applicata (Adamawa, Borno e Yobe), ma a tutti i trentasei che compongono il paese. Quella presenza, invece, oggi coinvolge e spaventa venti nazioni del continente, in particolare i vicini Ciad, Camerun e Niger, suscitando vivissime preoccupazioni in Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Israele e addirittura in Cina, con l’invio di “consiglieri” ma non, per ora, con aiuti militari.

Le ragazze dovevano sostenere un esame a Chilok, una città del nord, ed erano ospitate in un collegio, assalito da una banda di terroristi che ha eliminato i pochi custodi e caricato le studentesse su alcuni camion dileguatisi poi nella impenetrabile foresta di Sambisa, al confine con il Camerun. Alcuni giorni dopo il capo della setta, Abubakar Shekau (definito dal premio Nobel nigeriano per la letteratura Wole Soyinka “un drogato di religione e di stupefacenti”), ha diffuso un video con le giovani velate, dettando condizioni: il rilascio di quelle cristiane in cambio della liberazione di membri del gruppo incarcerati; le altre, musulmane o convertite, sarebbero destinate a sposarsi o a essere vendute come schiave.

A nulla sono servite, sino a oggi, l’indignazione collettiva esplosa nel mondo, le manifestazioni che hanno raccolto centinaia di migliaia di persone, la richiesta di restituzione attraverso milioni di messaggi (fra di loro papa Francesco, i vescovi nigeriani e la moglie del presidente americano, Michelle Obama), l’estensione della legge marziale nei tre stati del nord. Il solo risultato positivo della vicenda sta nel fatto che il governo nigeriano e il presidente Goodluck Jonathan hanno chiesto, diversamente dal passato, la collaborazione degli stati confinanti e dell’occidente, sensibilizzato e spaventato dai collegamenti di Boko Haram con i terroristi dell’ala africana di al-Qaeda, la quale sta estendendo la sua influenza nel nord maghrebino (dalla Mauritania alla Libia) e nella fascia di paesi attorno al deserto del Sahara, minacciando di diventare una piattaforma di lancio per l’offensiva contro il mondo.

Boko Haram significa, in una delle lingue locali, “studiare è peccato”, non soltanto per le donne (considerate dagli estremisti religiosi come esseri inferiori) ma per tutti: lo scorso febbraio una sessantina di studenti erano stati massacrati in un’altra località del nord; dal 2009 sono stati uccisi 171 insegnanti, in molti casi di fronte ai loro alunni, e di recente altri sei sono stati sgozzati in casa dinanzi ai familiari. Obiettivi prescelti le chiese e le scuole, che vengono incendiate e distrutte, mentre contemporaneamente si compiono stragi di fedeli e di alunni; ma sono prese di mira anche le moschee, là dove esistono comunità musulmane disposte a convivere pacificamente con i cristiani e che ritengono i ribelli non combattenti ma criminali.

Le capacità offensive di Boko Haram stanno purtroppo aumentando: nel 2014 si sono registrate già 1500 azioni terroristiche. I “macellai della Nigeria” hanno causato nei due ultimi anni almeno duemila morti, che si aggiungono alle altre migliaia dal 2009. I terroristi sono facilitati dalla presenza di numerose situazioni critiche nell’area subsahariana, dal Mali al Centrafrica, dal sud-Sudan al Congo. Il disfacimento del regime di Mu-hammar Gheddafi ha messo a disposizione enormi quantità di armi; si sospetta che i rivoltosi siano finanziati anche da regimi petroarabi di tradizione fondamentalista e dai quali non è arrivata alcuna condanna per la vicenda nigeriana. Diversamente dall’università al-Azhar del Cairo, ritenuta espressione dell’islamismo liberale, secondo la quale “ciò che ha fatto Boko Haram è totalmente contrario agli insegnamenti dell’islam e dei suoi principi di tolleranza”; e dai maomettani moderati, che hanno indetto una “giornata di preghiera musulmana” contro la violenza.

La diffusione del terrorismo può essere spiegata, anche se non giustificata, da ragioni obiettive. La Nigeria è il paese più popoloso d’Africa, con 160 milioni di abitanti, equamente divisi fra cristiani, in maggioranza al sud, e musulmani, prevalentemente al nord. È anche la prima economia del continente, favorita dai ricchissimi giacimenti di idrocarburi, con una crescita annua del prodotto interno lordo attorno al 7 per cento. Ma è anche la nazione con le massime disuguaglianze sociali e i più bassi redditi pro capite del pianeta, con la metà degli abitanti in condizioni di assoluta povertà.

La violenza in Nigeria è alimentata dalla miseria: non a caso Boko Haram recluta i suoi combattenti nel nord più povero e abbandonato, dove soltanto il 5 per cento delle donne riceve un’istruzione, a differenza del sud, dove la percentuale è del 90. Su dieci studenti delle università, nove sono del sud, uno del nord. Due terzi degli adolescenti fra i 15 e i 19 anni sono analfabeti; dieci milioni di bambini non hanno mai messo piede in una scuola. In uno dei paesi più corrotti del mondo c’è poco spazio per le preoccupazioni sociali: le spese per l’istruzione coprono lo 0,9 per cento del bilancio statale, mentre secondo i calcoli dell’Unesco il minimo consiste nel 6 per cento. Il rischio sta in una spirale di violenza per autodifesa, come già accade qua e là, e che può sfociare in una guerra civile a contenuto religioso. Il gigante d’Africa minaccia ancora di più la precaria pace del continente.

 

 

 

 

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